“PIN Pugliesi innovativi”, la nuova misura per i giovani della Regione Puglia

Siamo felici di comunicarvi che la Regione Puglia ha approvato PIN – Pugliesi Innovativi – la nuova iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Giovanili che intende offrire ai giovani pugliesi occasioni di apprendimento in situazione attraverso la sperimentazione di progetti imprenditoriali ad alto potenziale di sviluppo locale nei seguenti ambiti:

Innovazione culturale (es: valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e artistico; turismo; sviluppo sostenibile etc.)
Innovazione tecnologica (es: innovazioni di prodotto e di processo; media e comunicazione; nuove tecnologie etc.)
Innovazione sociale (es: servizi per favorire l’inclusione sociale, il miglioramento della qualità della vita, l’utilizzo di beni comuni etc.)

La misura è rivolta a gruppi informali di almeno due giovani residenti in Puglia, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che hanno un’idea imprenditoriale innovativa e vogliono svilupparla.

PIN supporta i progetti giovanili con:

– Un finanziamento di entità compresa tra 10.000 e 30.000 € a fondo perduto a copertura delle spese di gestione e degli investimenti del primo anno di attività;

– Una serie di servizi di supporto e rafforzamento delle competenze erogati dall’ARTI – Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione – e co-progettati con gli stessi giovani beneficiari.

Il bando funzionerà a sportello e ha una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro, proveniente da fondi del P.O. Puglia 2014-2020 e del FSC, di cui 8 dedicati al finanziamento di progetti e 2 ai servizi di affiancamento e rafforzamento delle competenze dei partecipanti.

La presentazione delle candidature è interamente online, attraverso il sito pingiovani.regione.puglia.it.

I progetti dovranno essere presentati compilando il modello Canvas, utile a descrivere l’idea imprenditoriale con l’indicazione di azioni, risorse e soggetti chiave. La piattaforma sarà disponibile per la presentazione di candidature a partire dal 01/09/2016 e fino ad esaurimento delle risorse disponibili.

A breve partirà un tour di presentazione dell’iniziativa e organizzeremo incontri pubblici in giro per tutta la Puglia.

Questa estate fate frullare i vostri cervelli.

Fonte: “Bollenti Spiriti 2.0”

“La natura è un’opera d’arte, ma questo scempio NO!” Campagna contro l’abbandono dei rifiuti

Con l’arrivo della primavera e della stagione estiva, il panorama del territorio di Maruggio e Campomarino è oggetto di deturpamenti ambientali: intorno ai contenitori stradali si accumulano quotidianamente rifiuti, che andrebbero invece conferiti in maniera più corretta.

I cittadini che quotidianamente si impegnano per il corretto conferimento dei loro rifiuti, sono – a ragione – infastiditi: il territorio è sporco e disordinato, e tutto l’impegno investito nella raccolta differenziata rischia di demotivare i più entusiasti.
I numeri, infatti, ci dicono che la maggioranza dei maruggesi raccoglie e separa in modo efficace i propri rifiuti.

Purtroppo ci sono ancora persone (poche, per fortuna) che non rispettando le regole del vivere civile, offuscano l’impegno di quei cittadini che stanno dimostrando un forte senso civico a favore dell’ambiente, della salute pubblica e del decoro del territorio.

Per contrastare l’indegna abitudine di abbandonare rifiuti ed oggetti ingombranti nelle campagne, si stanno adottando nuove strategie.

Saranno intensificati i controlli operati dal personale di Polizia Locale che – unitamente agli operatori della ditta incaricata per la raccolta dei rifiuti, che ogni giorno lavorano intensamente per raccogliere a mano i rifiuti abbandonati illegalmente e ripulire la sporcizia – effettueranno specifici servizi di vigilanza.

Verranno inoltre installate telecamere mobili in alcune zone che nel corso degli ultimi mesi sono state mete privilegiate degli incivili. Le telecamere verranno spostate periodicamente per tutelare il più possibile il territorio nella sua interezza.

La vergognosa situazione verrà, quindi, combattuta sanzionando chi non rispetta le regole.

Occorre, in ogni caso, lavorare sul piano culturale.

Studiando, ad esempio, un’efficace e periodica campagna di sensibilizzazione culturale a lungo termine, nella quale ci si appelli al senso civico della cittadinanza, e per informare i cittadini dei servizi messi a disposizione dalla ditta incaricata della raccolta dei rifiuti.

Le alternative esistenti all’abbandono – già attive sul territorio, ma forse non troppo conosciute – saranno certamente ben spiegate attraverso l’installazione di cartelli in prossimità delle aree più critiche caratterizzate dal maggior numero di abbandoni, ma si potrebbero anche stampare flyer e cartoline informative che potranno essere distribuite in modo mirato presso le sedi delle associazioni, a scuola, negli uffici pubblici, nei locali commerciali e in occasione di eventi ed iniziative pubbliche.

La campagna si potrebbe inoltre sostanziare anche uno spot da trasmettere sul web e sulle reti locali.

Si tratta quindi di responsabilizzare i cittadini, mostrando tante valide alternative ma soprattutto ricordando che l’abbandono di rifiuti fuori dai cassonetti (compresi i sacchi neri di rifiuto indifferenziato e le scatole di cartone) è un reato e che gli interventi effettuati per eliminare questi ingombri pesano ad ogni famiglia diverse centinaia di euro, a cui si devono sommare tutti i costi aggiuntivi.

I rifiuti abbandonati a bordo strada e intorno ai cassonetti non sono solo un problema estetico ed ecologico, ma anche un problema economico, perché comportano una spesa collettiva non indifferente.

Ma come si inquadra e come è sanzionato il reato di abbandono dei rifiuti?

Il reato di abbandono di rifiuti si materializza qualora vengano rinvenuti cumuli di materiale in stato di degrado e abbandono, sia in aree pubbliche che private.
La fattispecie trova sanzione all’art. 255 del D. Lgs 152/06: chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li mette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 105 a 620 euro.

Se l’abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da venticinque euro a centocinquanta euro.

Inoltre, il colpevole dell’abbandono di rifiuti ʺè tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero e allo smaltimento dei rifiuti e al ripristino dei luoghiʺ. Lo stesso obbligo ricade sul proprietario o conduttore dell’area.

Il Sindaco ʺdispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedereʺ. Se il colpevole ʺnon ottempera all’ordinanza, è punito con l’arresto fino a un annoʺ.

Elemento caratterizzante dell’abbandono è l’occasionalità dell’evento.

Quando la condotta diventa reiterata e conseguente ad un’attività organizzata non si ha semplicemente abbandono, ma si realizza una discarica abusiva. Cioè quando i rifiuti vengano accumulati in un’area trasformata di fatto in deposito degli stessi, mediante una condotta ripetuta, consistente nell’abbandono – per un tempo considerevole e comunque non determinato – di una notevole quantità, che occupa uno spazio cospicuo. E, si badi, la provvisorietà e lo stoccaggio in attesa di un trasferimento, da attuare in tempi lunghi, non escludono la sussistenza dell’illecito.

In ogni caso siamo tutti diversamente chiamati a prenderci cura del nostro territorio, perchè è la nostra casa, e al pari di essa bisogna tenerlo in ordine.

E occorre che tutti insieme si comprenda il valore del Bene Comune e il rispetto del patrimonio materiale del luogo in cui viviamo, e ci si sforzi di essere d’esempio anche per i più giovani, nelle cui mani abbiamo il dovere – come diceva Baden-Powell, fondatore dello scoutismo – di “lasciare un mondo più pulito di come l’abbiamo trovato”.

A Maruggio (Ta), presentazione del libro di Guglielmo Minervini: “La politica generativa. Pratiche di comunità nel laboratorio Puglia”

“La vecchia politica non funziona più. Il paradigma tradizionale della concentrazione del potere e della sua gestione dall’alto è andato in frantumi. Lo Stato e il Partito non sono più sovrani e la società ha imparato a operare in autonomia, come un’immensa rete di scambi che innescano creativi processi di trasformazione. Se la politica vuole recuperare un ruolo efficace deve tradursi in dispositivo che aiuta le persone a condividere una comune visione di futuro, valorizzando il loro capitale di energie e competenze, passioni e tempo. La politica generativa supera la vecchia concezione del potere gestito dall’alto, per liberare le diffuse competenze ed energie della società”.

È così che Guglielmo Minervini (consigliere regionale in Puglia, già sindaco di Molfetta dal 1994 al 2000 e assessore alle Politiche Giovanili, allo Sport e alla Trasparenza nei governi Vendola dal 2005 al 2015) immagina la “politica generativa”, come una piattaforma in grado di attivare il cambiamento.
Di questo si parlerà nella presentazione del suo libro – edito da Carocci editore – Giovedì 16 Giugno alle ore 18.00, presso il Giardino di Palazzo Caniglia (Biblioteca Comunale) a Maruggio (Ta), in un’iniziativa a cura dell’A.P.S. “Play your place. Il luogo in gioco”, patrocinata dal Comune di Maruggio.

La fiducia che porta a sperimentare nuove pratiche di comunità, sarà il filo conduttore della serata cui parteciperà l’autore, e che sarà coordinata dal giovane Danilo Chiego; interverranno Aldo Summa (dell’A.P.S. “Play your Place”) e Marianna Pozzulo, portavoce di “Bentornati al Sud”, gruppo nato per mappare, raccontare e fare rete tra chi torna al Sud.

Sarà presentato al Museo del Territorio di Neviano (Le): “Padri e figli”, l’ultimo libro di Ezio Mega

Si svolgerà Domenica 12 Giugno 2016 a partire dalle ore 19.30 presso il “Museo del Territorio” ubicato nell’Abbazia di S. Nicola di Macugno a Neviano (Le), la presentazione dell’ultimo libro di Ezio Mega, intitolato “Padri e figli”, edito da Lupo Editore.

Il libro narra dei rapporti tra genitori e figli, non sempre idilliaci. E non solo.
Narra della vita di paese, dell’amore della campagna, e per il mare. Sono storie in cui tutti si possono riconoscere. Magari in altre situazioni, in altri contesti, un denominatore comune in tutte le situazioni è l’amore dei luoghi in cui si vive. La scrittura è semplice e coinvolgente, gli argomenti interessanti.

Interverranno: Silvana Cafaro (Sindaco di Neviano), Antonio Megha (Assessore alla Cultura), Ezio Mega (autore del libro), Rita Saba (relatrice) e Rita Stefanelli (coordinatrice e Presidente dell’Ecomuseo).

L’evento è organizzato dal Comune di Neviano (Le) in collaborazione con l’Associazione “Ecomuseo del Paesaggio delle Serre Salentine”.

Nel corso della serata sarà eseguita musica dal vivo.

Riscoprire le “case a corte” del Salento per rivivere una socializzazione autentica

Le case a corte hanno origini molto antiche: si pensa infatti che risalgano all’epoca classica, furono trovate tracce di queste edificazioni nelle città greche dell’VII secolo a.C. e se ne trovano tuttora nella parte centrale del Salento.
Le prime case di corte si possono ritrovare nelle domus romane, formate da un nucleo centrale e dal peristilium, un’area colonnata all’interno della quale venivano posizionate fontane, statue e aree verdi.

Di solito è realizzata con una pianta regolare chiusa ai quattro lati aperto al centro dove c’era il giardino verde o un cortile lastricato; negli anni Venti, vi fu un abbandono di questa rigidità costruttiva e le case di corte divennero veri e propri isolati e costituiti da case a corte ad L o a C, le une affiancate alle altre, sempre chiuse, quindi, sui quattro lati.

La casa a corte era per lo più un’abitazione contadina caratterizzata appunto da uno spazio aperto, di solito abitata da più unità abitative, ed è una delle caratteristiche dell’urbanizzazione del Salento; grazie alle case di corte non veniva mai a mancare la socializzazione, spesso veniva abitata dalla stessa famiglia aggregata con altri parenti, in modo da garantire le risorse di sopravvivenza, era spesso fornita di un pozzo o di un granaio, magari anche di un orto comune, e nel centro i membri della famiglia potevano riposare dopo una lunga giornata di lavoro, chiacchierando e ascoltando le storie della giornata dopo il lungo lavoro nei campi, spesso solitario.

Le case a corte avevano anche scopi più pratici che il semplice socializzare, come ad esempio sfuggire ai pericoli delle campagne, alle malattie come la malaria e per ingaggiare manodopera giornaliera da mandare al mercato del paese.

Nel Salento le case a corte erano un’aggregazione di case modeste, spesso monolocali, perché si dava più importanza alla vita all’aperto che a quella al chiuso, erano realizzate in tufo o in pietra leccese, dal pavimento formato da lastre di pietra calcarea e arredati semplicemente con mobili di quercia o di olivo, con un ampio caminetto dove la famiglia si riuniva in inverno.

Adele Quaranta, Ricercatrice di Geografia economico-politica presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento, ha scritto un libro “Il Salento tra identità e specificità territoriali” da cui è tratto questa descrizione delle case a corte salentine:

❝All’interno dell’abitazione, in un angolo inoltre, è sempre presente una buca collegata alla fogna, in cui riversare le acque sporche. Il tetto realizzato con canne e tegole, invece, col tempo si evolve nella copertura a a volta (a “botte” o a “stella”) e funge da impluvio alimentatore della cisterna, come avviene ancor oggi in molte case salentine.

Questo metodo abitativo nasce quando il latifondista dona un lotto di terreno ad un bracciante che lavora alle sue dipendenze e vi costruisce la casa sempre al centro fra il giardino retrostante  e uno spazio aperto antistante, di forma quadrangolare o rettangolare, che comunica con la strada tramite un portone sormontato da un arco, spesso preceduto da un vano rimessa, dotato sia di mangiatoia che di pile (usate per lavare i panni o i piatti) e adibito a riparo del carro agricolo, arnesi, attrezzature, varie e scorte destinate all’alimentazione umana (pomodori, peperoncini, agli e cipolle) e animale (paglie e fieno).

Il minuscolo tessuto edilizio di arricchisce, negli anni, di cellule “secondarie” non solo per soddisfare le esigenze dei figli maschi in prospettiva del matrimonio, ma anche per migliorare la posizione economico-sociale familiare con la concessione in locazione ad eventuali lavoratori subordinati. Gli accessori – granaio, depositi per la legna, servizi igenici, pozzo, vasca per il bucato, stalle per il cavallo o l’asino, ecc. – restano comuni. Quando le condizioni economiche lo permettono – perchè non più legate alla pastorizia  e a un’agricoltura di sopravvivenza come quella cereaicola, ma a un’altra più redditizia, impostata sul vigneto, oliveto e frutteto (che non necessitano della presenza stabile del contadino in campagna) -, al primitivo edificio vengono aggiunti ambienti per usi diversi (ampio soggiorno adoperato come disimpegno per le camere da letto, cucina più spaziosa e attrezzata, ecc.) , a scapito dell’area collettiva.

Nel complesso le dimore evidenziano, comunque, una composizione tipologica molto semplice, rispecchiano una cultura poco aperta alle mode e all‘influenza del mondo urbano ed esprimono particolari modalità di sfruttamento del suolo e dell’organizzazione del territorio rurale. Rispondono, inoltre, a peculiari esigenze delle donne – le quali, costrette dai costumi dell’epoca, evitano la pubblica strada, “consumano” il tempo libero nelle corti, svolgono lavori di filatura, tessitura, ricamo, ecc. – dei bambini e degli adulti, che soprattutto nelle serate estive, trasmettono le proprie esperienze e tradizioni, intercalate con aneddoti e proverbi tipici della saggezza popolare”.

Le case a corte sono un modo per vivere insieme ma soprattutto per condividere, dove ci si aiuta e ci si sorregge e i bambini crescono in un ambiente sano e socialmente forte. Purtroppo oggi si tende sempre più ad isolarsi, ad essere individualisti, a cercare di tagliare fuori gli altri, amici o parenti, e si tende a vivere la propria vita all’interno di un circolo chiuso e ristretto, al contrario di come era una volta dove la gente era unita e cooperativa.

Fonte: Valeria Bonora Eticamente.net