Ho sempre trovato stimolante la visita di antichi borghi, dei chiostri secolari, di cappelle sconosciute di Terra d’Otranto, luoghi della memoria, ispiratori di pensiero e serenità, ma anche custodi di storie lontane nel tempo: essi fanno riecheggiare la Storia davanti ai nostri occhi, oppure rassicurano l’anima con episodi traboccanti umana bontà, o accrescono la sensibilità artistica con le loro meraviglie d’arte e architettoniche.
Questa è una visita a Maruggio, provincia di Taranto, non lontano dalla costa jonica. Venne fondato tra l’870 e il 970 in una posizione nascosta entro un avvallamento naturale per non essere molto visibile dal mare e quindi per difendersi dagli attacchi saraceni. Fu infatti abitato dai superstiti dei casali che erano stati distrutti da tali incursioni. Questo territorio passò spesso di mano in mano, ed anche i Templari ottennero una mansione nel feudo, che fisicamente doveva essere collocata sul sito dell’attuale castello oppure nel luogo in cui oggi sorge la chiesa della Madonna del Verde che, proprio dal nome dei Templari sarebbe stata chiamata chiesa della Madonna del Tempio.
Dopo la gestione degli Orsini del Balzo, arrivarono i Cavalieri di Malta, che costruirono varie opere di difesa, molte oggi non più esistenti, per proteggere il borgo dai Turchi. Il clima di perenne stato di allerta che si vive in quegli anni è ben rappresentato dalle storie raccontate all’interno del chiostro del convento di Santa Maria della Grazia.
Di questa visita ringrazio in modo particolare l’amico Aldo Summa, architetto, che mi ha segnalato anche questa deliziosa e misconosciuta cappella del Santissimo Crocifisso, edificata nel 1523.
Entrando, a sinistra si scorge una Madonna con Bambino. Ovunque si notano i graffiti dei pellegrini del tempo, fra cui un personaggio visto di profilo, sulla cui identità ben poco si potrebbe dire. Segue un bellissimo San Leonardo, all’epoca molto venerato. A seguire un santo non facilmente riconoscibile per via dei danni agli affreschi. Sotto di lui si notano dei navigli graffiti, ulteriore testimonianza del frequente passaggio di viandanti. Poi c’è una santa, che potrebbe essere Santa Lucia, ma anche in questo caso l’affresco è deteriorato e ne impedisce la lettura con certezza.
L’affresco della Crocifissione, sull’altare, è quasi scomparso. Sulla parete destra vediamo un’altra Madonna con Bambino. Qui, spiccano altri graffiti assai interessanti, un’altra nave, e il nodo di Salomone, un simbolo molto usato nel V secolo, in epoca paleocristiana, che sta a significare l’unione fra l’uomo e la dimensione del divino. Qui lo ritroviamo due volte, e riprodotto con grande meticolosità. C’è anche un’iscrizione, ma anche questa è stata coperta dall’intonaco successivo ed è illeggibile. Segue quel che doveva essere uno splendido Cristo Pantocratore. E qui invece, stavolta ben riconoscibile, Santa Lucia, che reca i suoi occhi in una coppa. Anche la controfacciata doveva essere in origine tutta affrescata, oggi restano solo frammenti, e quello che doveva essere il committente dell’opera.
Ovunque croci patenti e croci rafforzate. In questo luogo, ed in questo borgo crocevia naturale posto sulla via Sallentina, il mondo è passato per secoli da tempi immemori.
Autore articolo: Alessandro Romano
Articolo pubblicato su: Salento a colory
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