In arrivo il Workshop “Le potenzialità turistiche dei Servizi Open Tourism. Tra cooperazione transfrontaliera, nuovi modelli di gestione e turismo responsabile” ospitato il 22 Giugno 2023 (dalle 10.00 alle 17.00) dal Comune di Maruggio (Taranto) presso la Sala Consiliare. Parteciperanno importanti esponenti del progetto OT e delle Istituzioni locali, regionali e nazionali, pro loco e operatori provenienti da Albania e Montenegro.
Questo evento, promosso dal programma Interreg IPA CBC Italia-Albania-Montenegro, si concentrerà su opportunità, strumenti e strategie per la promozione turistica transfrontaliera e sulla sostenibilità del Circuito. Saranno presentati i risultati del progetto Open Tourism e si discuterà del ruolo dell’Unione dei Comuni Terre del Mare e del Sole nello sviluppo turistico attraverso la cooperazione transfrontaliera. Verranno esplorate anche le opportunità di finanziamento europeo per sostenere il turismo.
Sarà firmato l’Accordo di cooperazione Open Tourism tra i promotori del progetto, l’Unione dei Comuni Terre del Mare e del Sole, il Comune di Cetinje e l’ONG Cedir.
Un passo significativo verso un turismo sostenibile come
risorsa per lo sviluppo sociale ed economico, nel rispetto dell’ambiente e
delle culture locali.
Nell’ex Convento dei Frati Minori osservanti di Maruggio si mescolano i destini e le vite dei frati francescani e dei Cavalieri di Malta, l’ordine religioso cavalleresco che nel paese del tarantino per cinque secoli ebbe una sua giurisdizione. Nel chiostro gli affreschi narrano di tempi lontani e a tratti misteriosi, nei risvolti della storia tra parabole e leggende, tra santi e papi, simboli e suggestioni.
Coi piedi ben assestati su una terrazza mediterranea, da cui le case e i palazzi sembrano un tutt’uno, si ha l’impressione che ci si possa muovere da una casa all’altra tra il bianco della calce, i mattoni e qualche grigio antracite della guaina bituminosa. Poi si può camminare sulle volte a botte e a stella e, a guardare a perdita d’occhio, da qui la conca in cui è accovacciata Maruggio si vede tutta, circondata com’è da collinette e alture di macchia, vigne di Primitivo e boschetti.
In fondo, come sempre accade da queste parti, gli occhi corrono a cercare il mare, quel pezzetto di litorale ionico tarantino tra scogliere, dune e acque cristalline. La terrazza è quella dell’ex Convento dei Frati minori osservanti, che ospita il Municipio, e affaccia sull’antico chiostro francescano che custodisce un ciclo di affreschi pregevolmente ravvivati dopo essere stati coperti per anni della calce, e riserva un’intima passeggiata nel colonnato tra spunti storici e storie di santi. “Un tempo la città si sviluppava solo nel borgo, la cosiddetta Terra Murata, circondata da mura difensive”, spiega Aldo Summa, giovane architetto dell’associazione “Play your Place”, che si occupa di valorizzazione del patrimonio locale “qui si erano stabiliti i Cavalieri di Malta, originariamente noti come “cavalieri ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme” perché prestavano assistenza a malati e infermi e ai cavalieri di ritorno dalle crociate. Un loro commendatore, Mattia De Capua, donò un terreno fuori dalla cinta ai frati francescani affinchè edificassero un convento come nella vicina Casalnuovo, l’attuale Manduria. E così avvenne nella seconda metà del Cinquecento”.
Maruggio è, difatti, uno degli avamposti dell’ordine religioso cavalleresco nato intorno all’anno Mille, che qui si stabilì dal 1317 al 1819, scrivendo una storia locale atipica e determinando un’architettura peculiare rispetto ai paesi vicini.
Sono pochi i passi da piazza del Popolo e dal centro storico, “schiangài” in dialetto locale, dove tutto si attorciglia attorno a pochi, essenziali capisaldi topografici, verso la strada che porta fuori dal centro abitato verso i paesi limitrofi. Il pronao aggetta sulla via e svela la facciata di una chiesa preesistente dedicata a Santa Maria delle Grazie, di proprietà dello Stato, che custodisce tre altari che ben rappresentano le fasi del barocco e che mostra un affresco del compatrono San Cristoforo.
Varcato l’ingresso, si apre come un tesoro finalmente svelato il quadriportico in carparo locale, cadenzato da colonne ottagonali. Le lunette sono tutte affrescate, di rosso e ocra, verde e celeste. Le storie sono quelle di San Francesco e dei santi francescani, insieme a cartigli, fiori, decorazioni, ghirlande, secondo due cicli, uno sovrapposto all’altro, entrambi ben visibili il alcuni tratti. Passo dopo passo, con gli occhi in alto, lunetta dopo lunetta, San Francesco regge la chiesa sulle spalle, poi martirii, frati inchiodati alla croce, la morte di Santa Chiara, San Giovanni da Capestrano combatte i musulmani che brandiscono scimitarre nella battaglia di Belgrado, San Bernardino da Siena che opera un miracolo a beneficio di un bambino, ed ecco San Francesco da Solano che battezza popolazioni indigene e Sant’Antonio da Padova che pare incantare con la sua arte oratoria perfino i pesci, il frate beato Duns Scoto tra i suoi libri di filosofia e ancora l’albero genealogico francescano che torna poi anche al primo piano e, in cima alle scale, due nicchie affrescate in una delle quali appare una rara madonna con il pancione.
La passeggiata si muove lenta e quasi solenne attorno al
fulcro del chiostro, il pozzo sovrastato dalla statua di Sant’Antonio da
Padova. L’immaginazione e l’incanto corrono veloci oltre ogni credo, tra
leggenda e metafora, nel silenzio di un altro tempo, lasciandosi sfiorare, come
fosse un sospiro antico, dall’arte e dal mistero.
DOVE SI TROVA Il chiostro del Palazzo degli Osservanti si trova nella sede del Municipio di Maruggio, in via Vittorio Emanuele III al civico 41, a pochi passi dalla piazza del Popolo e dal centro storico del borgo tarantino.
INFO E CONTATTI Si può visitare il chiostro liberamente negli orari di apertura degli uffici comunali, ogni giorno dalle 7 alle 13 e dalle 14 alle 20. Le visite guidate al chiostro e alla chiesa di Santa Maria delle Grazie sono su prenotazione. Info: 349/1971486
Autore articolo: Jessica Niglio Articolo pubblicato su: quiSalento – Gennaio 2023
Ho sempre trovato stimolante la visita di antichi borghi, dei chiostri secolari, di cappelle sconosciute di Terra d’Otranto, luoghi della memoria, ispiratori di pensiero e serenità, ma anche custodi di storie lontane nel tempo: essi fanno riecheggiare la Storia davanti ai nostri occhi, oppure rassicurano l’anima con episodi traboccanti umana bontà, o accrescono la sensibilità artistica con le loro meraviglie d’arte e architettoniche.
Questa è una visita a Maruggio, provincia di Taranto, non lontano dalla costa jonica. Venne fondato tra l’870 e il 970 in una posizione nascosta entro un avvallamento naturale per non essere molto visibile dal mare e quindi per difendersi dagli attacchi saraceni. Fu infatti abitato dai superstiti dei casali che erano stati distrutti da tali incursioni. Questo territorio passò spesso di mano in mano, ed anche i Templari ottennero una mansione nel feudo, che fisicamente doveva essere collocata sul sito dell’attuale castello oppure nel luogo in cui oggi sorge la chiesa della Madonna del Verde che, proprio dal nome dei Templari sarebbe stata chiamata chiesa della Madonna del Tempio.
Dopo la gestione degli Orsini del Balzo, arrivarono i Cavalieri di Malta, che costruirono varie opere di difesa, molte oggi non più esistenti, per proteggere il borgo dai Turchi. Il clima di perenne stato di allerta che si vive in quegli anni è ben rappresentato dalle storie raccontate all’interno del chiostro del convento di Santa Maria della Grazia.
Di questa visita ringrazio in modo particolare l’amico Aldo Summa, architetto, che mi ha segnalato anche questa deliziosa e misconosciuta cappella del Santissimo Crocifisso, edificata nel 1523.
Entrando, a sinistra si scorge una Madonna con Bambino. Ovunque si notano i graffiti dei pellegrini del tempo, fra cui un personaggio visto di profilo, sulla cui identità ben poco si potrebbe dire. Segue un bellissimo San Leonardo, all’epoca molto venerato. A seguire un santo non facilmente riconoscibile per via dei danni agli affreschi. Sotto di lui si notano dei navigli graffiti, ulteriore testimonianza del frequente passaggio di viandanti. Poi c’è una santa, che potrebbe essere Santa Lucia, ma anche in questo caso l’affresco è deteriorato e ne impedisce la lettura con certezza.
L’affresco della Crocifissione, sull’altare, è quasi scomparso. Sulla parete destra vediamo un’altra Madonna con Bambino. Qui, spiccano altri graffiti assai interessanti, un’altra nave, e il nodo di Salomone, un simbolo molto usato nel V secolo, in epoca paleocristiana, che sta a significare l’unione fra l’uomo e la dimensione del divino. Qui lo ritroviamo due volte, e riprodotto con grande meticolosità. C’è anche un’iscrizione, ma anche questa è stata coperta dall’intonaco successivo ed è illeggibile. Segue quel che doveva essere uno splendido Cristo Pantocratore. E qui invece, stavolta ben riconoscibile, Santa Lucia, che reca i suoi occhi in una coppa. Anche la controfacciata doveva essere in origine tutta affrescata, oggi restano solo frammenti, e quello che doveva essere il committente dell’opera.
Ovunque croci patenti e croci rafforzate. In questo luogo, ed in questo borgo crocevia naturale posto sulla via Sallentina, il mondo è passato per secoli da tempi immemori.
Autore articolo: Alessandro Romano Articolo pubblicato su: Salento a colory
La storia antica della Puglia è segnata dalla costante inimicizia tra la città greca di Taranto, metropoli del Mediterraneo, e le popolazioni della Messapia, organizzate in tribù sotto il dominio di potenti capi locali. Già al tempo della sua fondazione, l’oracolo di Delfi aveva stabilito che i coloni provenienti da Sparta sarebbero stato un flagello per gli Iapigi (con tale nome erano indicate le popolazioni indigene della Puglia) e l’archeologia mostra che i Tarantini avevano acquistato il territorio agricolo cacciando con la forza le genti già insediate. Anche il padre della Storia, Erodoto, fa riferimento a guerre sanguinose che, agli inizi del V sec. a.C., avrebbero opposto Tarantini e Messapi, con alterne vicende che, da parte greca, erano celebrate nel Santuario delfico di Apollo: gruppi statuari in bronzo raffiguravano i Tarantini vittoriosi sulle genti indigene della Puglia, sotto le sembianze di popoli sottomessi, con le prede di guerra costituite da donne e cavalli.
Sembra una storia di violenze e di odio senza fine, ma questa realtà cambia già agli inizi del IV sec. a.C., quando la visione politica di Archita avvia un dialogo di pace con i Messapi, e quando grandi potenze mediterranee si affacciano sull’orizzonte pugliese compreso tra i mari Ionio ed Adriatico. A quest’area è interessata Siracusa, con una presenza che si manifesta anche attraverso la fondazione di nuovi insediamenti sulle coste che guardano ai Balcani. Dalla Grecia del nord giungono, tra il 334 ed il 330 a.C., le armate del re dell’Epiro, Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno, il quale stabilisce rapporti di alleanza sia con Taranto che con un re degli Apuli. Ma è Roma a costituire il pericolo maggiore, con la fondazione di colonie nel nord della Puglia e con una crescente pressione sui mari del meridione d’Italia. Contro il comune nemico si uniscono Taranto e i Messapi in una realtà di forte interazione in cui, dopo secoli dalla sua fondazione, la città greca aveva forti radici in questo territorio e non era da considerarsi meno «indigena» dei popoli apuli.
Nella seconda metà del IV sec. a.C. dalle ricerche archeologiche e dallo studio del territorio ci giungono tanti segnali di tali intensi rapporti; in questo periodo i Tarantini frequentano con maggiore intensità la zona del Capo iapigio e la stessa Leuca prende il nome, citato in un passo di Cicerone, di Leucopetra Tarentinorum, le bianche scogliere dei Tarantini, punto indispensabile di orientamento durante la navigazione. Lungo la costa salentina sul mare Ionio, questo spazio di interazione appare segnato dal culto di Artemide, dea dei confini; le terrecotte votive la raffigurano vestita di una pelle di pantera, mentre tiene saldamente nella mano un cerbiatto, simbolo del suo dominio sul mondo selvatico, abitato da animali che l’uomo non è riuscito ad addomesticare. È lei la dea dei porti, che segnano il limite tra la terra ed il mare, e le sue figurine in terrecotta sono state rinvenute in diversi siti della costa, in primis a Torre S. Giovanni, porto della città messapica di Ugento, e poi nel sito di Mancaversa, poco più a nord. Ma la dea è presente soprattutto nel territorio di Maruggio, nella località di Madonna d’Altomare, sulla costa poco più a sud di Torre Ovo: sopra un’alta duna indicata come Monte dell’Imbrici, per la presenza di abbondanti frammenti di ceramica sparsi sul terreno, furono rinvenuti i resti di un «santuario di confine», posto tra la chora, il territorio di pertinenza tarantina, e le zone controllate dai Messapi. Poco più a nord si trova l’area di Torre Ovo dove i materiali di superficie e lo scavo di alcune sepolture fanno pensare ad un’intensa frequentazione riferibile al IV-III sec. a.C.; l’ampia insenatura utile per l’attracco, e le strutture murarie in parte sommerse, a blocchi squadrati recanti lettere greche, sembrano funzionali ad un punto di approdo riconoscibile sull’isolotto oggi appena emergente, dove il grande muro a doppia cortina doveva essere stato creato a protezione dell’area in cui stazionavano le merci ed i mezzi di trasporto.
Rispetto all’insenatura costiera di Torre Ovo, l’entroterra appare interessato dagli insediamenti messapici di Manduria e, ancora più vicino al mare, de Li Castelli, parte di un’estesa area della quale Oria costituisce il centro dominante. Qui scavi recenti hanno portato alla luce, sull’acropoli, i resti di una reggia, decorata da mosaici pavimentali di ciottoli, come nelle regge dei dinasti ellenistici dell’Epiro e della Macedonia.
Poiché il sistema portuale di Torre Ovo, con Madonna d’Altomare fa parte dell’area di confine sud-orientale della chora di Taranto, sorge spontanea la domanda sulle ragioni che avrebbero spinto la metropoli greca a realizzare un’opera portuale così impegnativa, essendo già dotata di uno straordinario sistema di approdi sulla riva del Mar Piccolo. Forse le strutture di approdo a Torre Ovo furono realizzate in una prospettiva di collaborazione con la componente messapica, per servire alle esigenze di questa parte limitanea del territorio greco, ma anche del vasto e prospero territorio messapico, caratterizzato dalla presenza di centri di vitale importanza come Oria e Manduria.
Torre Ovo sarebbe il riflesso di una nuova politica di relazioni, a servizio delle esigenze commerciali, ma anche politiche e militari, di un vasto entroterra; uno spazio di negoziazione e di mediazione tra entità istituzionali differenti come la polis tarantina, i gruppi tribali apuli guidati da capi che rappresentavano le aristocrazie dominanti, i condottieri d’Oltremare, dei quali la reggia (basileion) di Oria rappresenta un documento straordinario, ancora tutto da scoprire nella sua complessa articolazione.
Con la istituzione a Taranto della nuova Soprintendenza Nazionale del Mare, guidata con autorevolezza scientifica ed operativa da Barbara Davidde, si aprono nuove possibilità affinché anche Torre Ovo, come gli altri siti costieri della penisola salentina, possano esprimere le loro rilevanti potenzialità di conoscenza. Un patrimonio eccezionale di storia, tra mare e terra, tutto da valorizzare, la cui capacità di attrazione è stata ora sancita dall’assegnazione della Bandiera Blu a Castro ed Ugento.
Autore articolo:Francesco D’Andria, professore emerito dell’Università del Salento, dove ha insegnato Archeologia greca e romana e ha diretto la Scuola di specializzazione in Beni Archeologici. Articolo pubblicato su:“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 22 Maggio 2022
“Legalità e Impresa”: è questo il titolo dell’incontro tra Istituzioni e Associazioni finalizzato alla diffusione della cultura della legalità, dei valori civili e dei diritti fondamentali.
Un tavolo di confronto per affrontare il tema della legalità all’interno del sistema imprenditoriale con particolare attenzione al fenomeno del racket e dell’usura, analizzando il percorso che parte dalla denuncia sino ad arrivare all’inserimento economico e sociale della vittima.
L’evento è organizzato dall’Associazione “Antiracket Antiusura”, con il sostegno della “Fondazione Con il Sud” nell’ambito del progetto “Buona Vita Organizzata”, e con il patrocinio del Comune di Maruggio.
I saluti saranno a cura dell’avv. Erminio Marsella (presidente dell’Ass. “S.O.S. Impresa – Lavoro e Legalità” di Maruggio); interverranno la prof.ssa Tiziana Destratis (Consigliere Comunale), Don Alessandro Mayer (Parroco), dott. Valerio Perrone (presidente dell’Ass. ” “S.O.S. Impresa – Rete della Legalità” Puglia). Le conclusioni saranno affidate al Maggiore Sergio Riccardi (comandante della Compagnia dei Carabinieri di Maruggio). Modera il dott. Gianpaolo Pisconti (sociologo).
L’appuntamento è per Giovedì 5 Maggio a partire dalle ore 18.00 presso il ristorante “Piccole Ore” a Campomarino di Maruggio (Ta).