“La Scatola di latta”: le “invasioni dolci” che attraversano il Sud

La storia che vi raccontiamo prende il via da una domanda: come contribuire allo sviluppo del proprio territorio all’indomani di una laurea in Scienze per la cooperazione e lo sviluppo? A interrogarsi è Gianluca Palma, che si definisce il custode sociale di una scatola molto particolare, uno scrigno di beni comuni, raccolti come fiori con riguardo e cura, camminando per le vie dei paesi del sud della Puglia. Con uno statuto per la costituzione di un’Associazione di Promozione Sociale, scritto ma lasciato in un cassetto, la Scatola di latta è formata da un gruppo spontaneo di persone, che opera da tre anni principalmente sul territorio della provincia di Lecce, rivolgendo però lo sguardo a tutto il meridione.

La Scatola di latta nasce con l’intento di promuovere occasioni di conoscenza e di coinvolgimento delle comunità locali, attraverso passeggiate esplorative spontanee e incontri di convivialità, con un chiaro invito a scoprire la bellezza, promuovendo un’educazione estetica e poetica per tutti. Passeggiate itineranti per paesi e paesini, tra paesani e con i paesani, per abilitare i cittadini alla partecipazione culturale a sostegno della valorizzazione diffusa dei patrimoni locali esistenti.

Succede nel Basso Salento. Passeggiare per concedersi di curare lo sguardo, per scoperchiare prima di custodire, passeggiare per spiare dietro un balcone, per accorgersi di un dettaglio architettonico forse mai davvero guardato. Passeggiare perché chissà chi viene stasera, chissà chi spontaneamente leggerà una sua poesia, chi metterà a disposizione la sua arte, chi rivelerà i segreti del suo antico mestiere. Passeggiare insieme per ascoltare la spontanea declamazione di un verso del paesologo Franco Arminio o per stupirsi, perché accanto ad un noto poeta come Vittorio Bodini, c’è uno scrittore locale ancora da scoprire e da svelare.

Storie di ordinaria resilienza

Passeggiate spontanee che richiedono l’avanscoperta e lo scouting di un gruppo più ristretto di volontari che svolgono un’attività di promozione e di valorizzazione del capitale sociale, culturale, umano sui territori. Sono già sessanta i paesi salentini per ora in custodia sociale nella scatola, che si avvia verso il raggiungimento del numero complessivo di paesi battuti a piedi nella provincia leccese, senza tralasciare alcune esperienze realizzate fuori dalla provincia, come anche in Molise e in Basilicata, con la prospettiva futura di esportare le storie per condividerle con un pubblico più ampio.
Passeggiate spontanee, ma anche inedite e irripetibili, perché difficilmente si ritorna nello stesso paese e, quando accade, il ritorno comporta l’attivazione di altre energie e competenze ad arricchire nuovi sguardi, nuove sinergie e nuove scoperte.
Comunità erranti di persone si ritrovano spontaneamente a passeggiare per conoscere e conoscersi, per ascoltare e ascoltarsi, per raccontare e raccontarsi di storie di erranza ma anche di restanza.
Storie di ordinaria resilienza e di straordinario amore, proprio come il titolo di uno degli incontri conviviali organizzati, che si articola in più appuntamenti attorno a storie che raccontano comunità resilienti e generative. Come la storia di due coniugi ottantenni, che si avvicinano alla chiusura della loro attività commerciale in un piccolo paese del sud e, che saranno protagonisti di uno dei prossimi incontri calendarizzati.

Storie di beni comuni materiali e immateriali, tangibili e intangibili, manifesti e nascosti, di difficile censimento. Storie di grande ricchezza e valore sociale, particolarmente meritevoli di essere ri-conosciute, preservate e custodite gelosamente per salvaguardarne la memoria. Storie che assicurano nuove immersioni nell’immaginario e che, in una immensa rete di scambi, innescano processi creativi che rimodulano il rapporto delle comunità con il territorio di appartenenza.
Gianluca e i suoi amici non sono guide turistiche nel senso tradizionalmente inteso, ma praticano invasioni dolci per realizzare ponti e contaminazioni fra contesti, organizzazioni e persone diverse e, quindi, per sviluppare quel capitale sociale che rafforza e crea i legami nelle comunità.
Gli incontri e gli eventi della Scatola di latta sono totalmente in forma gratuita, con l’azione propositiva, estranea alla logica dei bandi e dei finanziamenti, di “sperimentare una forma alternativa non istituzionalizzata” di coinvolgimento delle comunità offline e online, favorendo processi partecipativi e stimolando sul territorio il networking fra gli attori delle comunità.

Si cerca, da un lato, di rammendare, nel senso di riallacciare le risorse e le competenze di cui è ricco il territorio per ricucire relazioni di fiducia e di reciprocità, permettendo quel baratto culturale tra persone che mettono a disposizione i propri saperi, conoscenze e arti; dall’altro di facilitare connessioni e opportunità per progettualità d’azione con altri attori sui territori. Un lavoro di tessitura di relazioni, che partendo dalla costruzione stessa della comunità ne promuove la capacitazione. Memoria e identità di paesi, paesini e paesani, custodite gelosamente in una scatola di latta: beni comuni di cui occuparsi per una responsabile maturità civile e sociale.
Ci sono tutte le componenti per una infrastrutturazione culturale tra territori e comunità.

Articolo pubblicato su “Labsus”

A questo link la pagina Facebook del progetto.

> Leggi l’articolo “Un salto indietro nel tempo, immaginando il futuro di “retu Shangai”. Le emozioni della passeggiata narrante nel centro storico di Maruggio (Ta)”

“Strade comuni”, lo speciale TG1 sulle “Social Street”

Lo Speciale Tg1 del 26 Febbraio 2017 intitolato “Strade comuni” (di Elisabetta Mirarchi) è stato dedicato alla Social Street ovvero la creatura che, nata dal virtuale, è entrata a pieno titolo nella vita reale.

Social Street punta ad abbattere il muro della diffidenza con i propri vicini.
Tre le parole d’ordine: gratuità, condivisione, socializzazione.

Un solo obiettivo: familiarizzare con i vicini della propria strada, instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti di interesse comune.
Un obiettivo a costo zero: Social Street crea gruppi chiusi su Facebook, quindi promuove incontri in strada. Nessuna formalità burocratica, nè tessera d’iscrizione. Le persone che aderiscono hanno un nome e cognome, non si nascondono dietro un nickname. Un’idea semplice che è finita sulle pagine del New York Times e che, dall’Italia, ha favorito la creazione di gruppi social anche all’estero: Stati Uniti, Canada, Brasile, Nuova Zelanda, Olanda, Portogallo, Inghilterra.

Grazie all’impulso dei due fondatori del primo gruppo Social Street, quello di via Fondazza, a BolognaFederico Bastiani e Luigi Nardacchione – ad oggi si contano 452 comunità che coinvolgono oltre 100 mila persone.

Anche Maruggio (in provincia di Taranto) ha la sua Social Street: i residenti del rione “Macchitedda” – organizzati nell’omonima associazione – si sono accreditati al network internazionale nel 2014.

A Speciale Tg1 anche le iniziative parallele alla Social Street: “little free library”, passeggiate di quartiere, giornate di pulizia delle strade e degli spazi comuni, aperitivi all’aperto, scambio di servizi (baby sitter, dog sitter, doposcuola, lavori di manutenzione…)

In tutto il paese sono attivi migliaia di progetti, molti dei quali al Sud, che combattono la crisi economica con forme originali di solidarietà, condivisione, scambio.

Esperienze che secondo il sociologo Domenico De Masi e l’architetto Paolo Portoghesi, sono destinate a crescere e moltiplicarsi anche in futuro.

> Clicca qui per visionare la puntata di Speciale Tg1 sulle Social Street

> Leggi l’articolo “Da oggi anche Maruggio ha la sua Social Street nel popoloso Rione “Macchitedda”: conoscersi, condividere e collaborare con il vicinato”

> Leggi l’articolo “Social Street, dove il motore di tutto è il dono”

Il cuore grande e solidale del rione “Macchitedda” di Maruggio (Ta) per la festa di fine estate

In una dimensione più intima – ma ugualmente calorosa ed accogliente – si è svolta il 24 Agosto la “Festa di fine Estate alla Macchitedda”, una festa rionale ideata e organizzata da decine di residenti dell’omonima zona di Maruggio (Ta).
Un’idea che raccoglie idealmente il testimone da altre feste rionali organizzate negli scorsi anni (“Lu Pizzulu”, “Alla Mantagna”, “Sobbra all’Aria”), ma che trae spunto da un’usanza ancora più remota: lo stare insieme al vicinato – per strada – a godersi il fresco serale dopo l’afa estiva, a discutere del più e del meno, a strimpellare accordi, a divertirsi con gli amici con semplici giochi e sfide.

Una tradizione che persiste ancora nelle vie del nostro paese, e che custodisce l’autenticità dei buoni rapporti e dello spirito solidaristico.

Seppur amareggiati per la tragedia che ha afflitto – poche ore prima – le popolazioni colpite dal terremoto nel Centro Italia, l’Associazione “La Macchitedda” – non nuova a queste azioni benefiche – ha deciso di destinare parte del ricavato della serata per aiutare le popolazioni colpite dal sisma.

Inoltre il noto vignettista Paolo Piccione – di cui sono stati esposti numerosi lavori grafici – si è subito messo a disposizione di quanti vorranno farsi fare una caricatura, mettendo al servizio della solidarietà la sua arte: il ricavato delle offerte raccolte sarà totalmente devoluto al fondo per l’emergenza.

Per far rivivere l’atmosfera familiare che si respira nelle sere d’estate maruggesi, l’Associazione “La Macchitedda” – Social Street ha organizzato una serata con diversi momenti.

L’affiatatissimo gruppo delle casalinghe del quartiere ha preparato gustosi e profumati piatti di frittura di pesce, letteralmente andati a ruba. E gli astanti hanno potuto assaporare la ormai famosa “chiura” maruggese, semplice disco di pasta fritta, piegato a fazzoletto e ripieno di salumi o verdure grigliate. Il tutto innaffiato da un ottimo vino rosso e rosato, di una cantina locale.

Sulla piazzetta del rione, numerosi stand di artigiani locali: collanine, statue di cartapesta, bonsai, riproduzioni di trulli, opere d’arte e oggetti di terracotta. Insomma, tutto quello che la fantasia e il saper fare possono ispirare.

Grazie all’impegno di Chiara Albanese, Alessia Zaccaria, Elisa Di Nola, Deva Peluso, Salvatore Carrozzo, Danilo Chiego e Daniele Prontera, tanti bambini si sono divertiti giocando a “campanone”, tiro alla fune, corsa coi sacchi, sgambettando per strada come si faceva una volta.

Oltre ad una ricca selezione di illustrazioni dell’acuto Paolo Piccione, è stata allestita la mostra “Viaggio fotografico in fondo al mare”, con le meravigliose immagini scattare dalla fotografa tarantina Rossella Baldacconi, che descrivono i fondali di Campomarino. Una mostra che ha riscosso un successo inaspettato, e già collocata per circa dieci giorni nel chiostro dell’ex Convento e poi nel Giardino di Palazzo Caniglia, nell’ambito de “La Strada dei Saperi e dei Sapori”.

Non poteva mancare l’intrattenimento musicale, a cura dei coinvolgenti “TopArt – Professione Musica”, che hanno saputo creare un’atmosfera magica, a suon di swing, jazz, balli di gruppo e pizzica.
“Guest star” della serata il nostro Gianfranco Valentini, che si è esibito con un repertorio inedito!

In data 8 Settembre 2016,  il ricavato delle offerte delle vignette di Paolo Piccione (cui si è aggiunto ad un altro significativo contributo da parte dei soci dell’Associazione “La Macchitedda”) è stato destinato alla Caritas Italiana, per un ammontare di 400,00 euro.
GRAZIE a tutte le persone di cuore che hanno voluto contribuire a questa iniziativa!

L’evento è stato realizzato in collaborazione con la “Pro Loco” e l’A.P.S. “Play your Place”, con il patrocinio del Comune di Maruggio.

Le mamme di Tricase (Le) uniscono le forze e il borgo si trasforma in ristorante

Piatti tipici a chilometro zero, si mangia in strada. In un paese di meno di 300 abitanti l’esperimento (scalabile) di un gruppo di donne.

Un po’ street food, un po’ social dining, un po’ home restaurant. Inglesismi che ormai rientrano a pieno titolo nelle agende degli appassionati di cibo. Soprattutto nell’anno del food per eccellenza, come insegna Expo. Nasce in Puglia, a Tricase Porto, un borgo con meno di 300 abitanti, «Le mamme del borgo», startup che unisce le tre tendenze. I piatti tipici della zona vengono infatti somministrati e consumati per strada e a prepararli sono le abitanti del paese, nelle loro case. Le mamme del borgo è un progetto ideato da Eleonora Bianchi, Agnese Dell’Abate, Giuseppe Ferrarese e Mattia Sansò, legati dalla passione per la buona cucina del Salento e dalla volontà di far ripartire l’economia del piccolo centro.Piatti tipici a chilometro zero, si mangia in strada. In un paese di meno di 300 abitanti l’esperimento (scalabile) di un gruppo di donne.

Piatti a chilometro zero

Creando lavoro e sfruttando i prodotti tipici, in logica chilometro zero: «I piatti proposti, dalla pasta col pesce alla paranza, – spiega Bianchi – vengono preparati con pesce dei pescatori della zona, verdure coltivate nei nostri orti, farina dei mulini locali». Un borgo, tre vicoli, dieci mamme che si dividono i compiti: «Le mamme cucinano tutti i giorni per le proprie famiglie, – prosegue – attingendo dalla tradizione culinaria che si tramanda da generazioni, quindi ci siamo chiesti: perchè non ripetere quest’azione quotidiana estendendola ad una “clientela” che abbia voglia di gustare piatti casalinghi per strada, in maniera semplice e comunitaria?».

Il ristorante di comunità

Da qui nasce il primo ristorante di comunità di Puglia, grazie anche all’aiuto del progetto «Fooding» e del MEDAB, incubatore mediterraneo per la creazione e il cambiamento d’impresa, che ha aiutato il team a sviluppare il progetto. Ma come funziona? Le dieci mamme preparano, nelle proprie cucine un menù tipico. I biglietti per la serata sono venduti in prevendita, per ora sulle spiagge e per strada e a breve tramite il sito web, presto online. Una volta nel borgo i clienti seguono un percorso e si fermano di casa in casa a ritirare il piatto caldo. Una startup capace, nella sua semplicità, di promuovere il turismo, riattivare l’economia legata alle attività tradizionali, offrire opportunità di lavoro alle donne autoctone. «Quest’estate – raccontano i fondatori – abbiamo cominciato con due cene, ma stiamo lavorando a un calendario molto più ricco per la prossima stagione estiva». I quattro vorrebbero inoltre esportare il progetto, rendendolo scalabile in tutti i borghi italiani: «L’importante è che a organizzare e promuovere “Le mamme del borgo” sia una persona del posto che ne conosca le abitudini e coinvolga la comunità locale».

Autore articolo: Giulia Cimpanelli

Fonte: “Corriere della Sera”

Partecipa all’estrazione del numero vincente per portarti a casa la coperta di lana lavorata ai ferri realizzata nel laboratorio creativo

Se vuoi tentare la fortuna e portarti a casa l’opera collettiva realizzata a più mani nel corso del laboratorio creativo “Lavoriamo insieme la coperta della nonna” organizzato dall’APS “Play your Place” di Maruggio, prendi anche tu il biglietto con il quale partecipare all’estrazione del numero vincente!

Durante la festa rionale “Aspettando l’Immacolata alla Macchitedda” in programma per il prossimo 7 Dicembre 2015 a cura dell’Associazione “La Macchitedda” di Maruggio, sarà estratto a sorte il numero vincente.

Per acquistare il tuo tagliando alla modica cifra di 2 euro, rivolgiti alle Maestre Anna Maria Saracino e Franca Doff Sotta, oppure a Silvia Prontera (n. 380.5438764) o ad Aldo Summa (n. 349.1971486).

Il ricavato della vendita dei biglietti – al netto delle spese sostenute per organizzare il laboratorio – sarà devoluto in beneficenza.

> Leggi l’articolo “Con il laboratorio di lavorazione della lana ai ferri, abbiamo re-imparato tutti la gioia di stare insieme”

> Leggi l’articolo “Per imparare a lavorare a maglia, parte il laboratorio pratico: “Lavoriamo insieme la coperta della nonna”